In tutto il mondo, uno dei fenomeni crescenti degli ultimi anni è la costante fuga dal lavoro, alla ricerca di condizioni più premianti, ambienti di lavoro più sani e un più equilibrato rapporto tra vita privata e vita lavorativa, il cosiddetto work life balance. La Great Resignation, termine coniato negli Stati Uniti che significa grandi dimissioni, è arrivata anche in Italia, con conseguenze importanti sul lavoro e sulla società.
Dal primo rapporto nazionale della European Social Survey in Italia, solo il 47% degli italiani si dichiara soddisfatto del proprio lavoro, con 7 punti percentuali in meno rispetto alla media europea e distante anni luce dal 71% dei paesi nordici. Non è un caso infatti che un italiano su due vorrebbe cambiare lavoro. E la discriminante per cambiare lavoro è innanzitutto la flessibilità. Post pandemia ci si è resi conto dell’importanza di gestire il proprio tempo e dei vantaggi di poter stabilire in autonomia il proprio lavoro. Al momento però solo il 15,7% dei lavoratori italiani può permettersi questa soluzione e le percentuali si abbassano ancora se il livello d’istruzione è più basso. In un contesto dunque così pressante, rassegnare le dimissioni e provare una nuova strada è l’unica soluzione per darsi l’opportunità di stare meglio.
Vediamo insieme una breve analisi del fenomeno della great resignation e i numeri.
Great Resignation: cos’è
La Great Resignation, ossia “grandi dimissioni”, è un fenomeno nato in America e ampiamente cresciuto a partire dal 2018. Sempre più persone, anche con ruoli apicali, decidono di dimettersi dall’impiego attuale e cercare nuove strade. Ad alimentare questo desiderio ci sono varie motivazioni, che partono però da un’insoddisfazione di base dettata dall’ambiente lavorativo, le condizioni economiche, l’organizzazione del lavoro. La generazione Z è quella che sta trainando questo fenomeno, perché sono tra le persone che preferiscono anteporre il benessere personale agli obblighi lavorativi. Gli addetti alle risorse umane riconducono questa tendenza proprio alla giovane età e alle migliori opportunità, anche all’estero, di provare esperienze più soddisfacenti e migliore qualità della vita. In una ricerca condotta dall’Employer Brand Research risulta anche che il 40% degli intervistati ha dichiarato che il motivo principale per lasciare il lavoro è la retribuzione troppo bassa rispetto alla mansione e al costo della vita.
Le origini del fenomeno della great resignation
L’origine del fenomeno è da ricercarsi nel periodo pandemico, anche se i segnali erano già evidenti negli Stati Uniti. La pandemia però ha portato a riflettere a livello globale non solo sulle proprie priorità ma anche sul ruolo che si desidera assegnare al lavoro. In un contesto in cui ci è stato restituito del tempo, questo tempo ci ha permesso di riflettere sulle cose importanti e ha generato una motivazione trasversale nel voler migliorare la propria condizione. A fare da contraltare a questo fenomeno ci sono anche manifestazioni contrarie. Secondo una recente infografica dell’Università Cusano sul Job-creep infatti tra i fenomeni aziendali più diffusi c’è anche quello di sviluppare una dedizione al lavoro totale. Il job-creep infatti si manifesta passando più ore del dovuto al lavoro, rendendosi sempre disponibili, assumendosi responsabilità non richieste. Di fronte a queste azioni bisognerebbe intervenire con una nuova strutturazione del lavoro, ripensando agli orari, ai contratti e alle modalità di lavoro, altrimenti si rischia di avere delle lacune in alcuni settori.
Great resignation: i numeri in Italia
In Italia secondo uno studio condotto da Randstad, il 29% degli italiani sta cercando un nuovo impiego, risultando al 3° posto nel mondo per questo indicatore. Nel 2022 si sono registrati 1,7 milioni di dimissioni volontarie in 9 mesi, con un aumento del 22% rispetto al 2021. Questo dato è stato confermato dal Ministero del Lavoro, che sottolinea anche una crescita elevata nell’ultimo trimestre del 2022, in cui si sono concentrare 35,000 dimissioni. E ciò che preoccupa è proprio la crescita esponenziale, che potrebbe portare il mercato ad affrontare un boom di richieste che non si sa se si riesce a evadere.